Friday, February 15, 2008

 

Graccio Arvaccio e il sasso blu




C'era una volta un topino di nome Gino. Era andato alla scoperta del bosco ma adesso era stanco e stava calando il sole. Le prime ombre facevano sembrare il suo sentiero pauroso, a un certo punto incontro un gatto. Il gatto si leccò i baffi sornione e poi miagolò con dolcezza “Dove te ne vai, topino solitario. Vieni a giocare a carte con me?” .
Gino senza scomporsi rispose con voce spavalda “Ti ringrazio per l’invito, ma devo giocare a carte con Graccio Arvaccio” .
“Graccio Arvaccio? E chi è Graccio Arvaccio?”
“Perchè non sai chi è Graccio Arvaccio? E’ grande e grosso. Ha orribili corna affilate, i suoi artigli sono taglienti e gli occhi che emettono una luce viola fosforescente! E mi ha detto che mi avrebbe fatto assaggiare la salsiccia di gatto.”
“Salsiccia di gatto? I me la squaglio! Sarà per un’altra volta!” disse il gatto in un sol soffio e balzò via.
“Graccio Arvaccio! Ha Ha, che gatto tonto, per fortuna si è bevuto il mio racconto!”

Gino proseguì il suo cammino nel bosco sempre più buio, ma la casa era lontana quando un’aquila lo avvistò e su un ramo si posò. Sfregandosi le zampe disse “Dove te ne vai, topino solitario. Vieni
a fare un giro sulle mie ali e ti mostrerò il bosco dall’alto?”
“Ti sono immensamente grato per l’invito, ma non posso devo fare un giro con Graccio Arvaccio”
“Graccio Arvaccio? E chi è Graccio Arvaccio?”
“Perchè non sai chi è Graccio Arvaccio? E’ grande e grosso. Dalla bocca sputa fuoco, vola in cielo come un razzo e ha una coda così potente che schiaccia gli alberi al suo passaggio. Mi ha detto che mi avrebbe fatto assaggiare aquila allo spiedo”
“Aquila allo spiedo? Scrich Scrach! Mi son ricordata che la spesa ho dimenticata! Ciao, ciao topino!” disse e volò via.
“Graccio Arvaccio! Ha Ha, che aquila stolta, me la son cavata anche 'sta volta!”

Gino proseguì il suo cammino nel bosco ormai buio e profondo, un lupo affamato lo vide e ci fece su un pensierino. Con voce suadente gli domandò “Dove te ne vai, topino solitario. Vieni a vedere la luna dalla mia tana?” “Grazie infinite per l’invito, ma non posso devo vedere la luna con Graccio Arvaccio”
“Graccio Arvaccio? E chi è Graccio Arvaccio?”
“Perchè non sai chi è Graccio Arvaccio? E’ grande e grosso. Ha denti come lame, ha aculei velenosi sulle zampe e due trecce che usa come fruste! Mi aveva detto che mi avrebbe fatto assaggiare polpettine di lupo caramellate”
“Polpettine di lupo caramellate! Sai che c’è? Mi son ricordato che ho lasciato il telefonino nella tana. Ciao, ciao topino!” disse il lupo e si dileguò in un battibaleno.

“Anche il lupo, povero tonto, abboccò al mio racconto!” Si piegò per raccogliere un sasso tutto blu e sfregandolo nelle mani disse “Tanto non esiste Graccio Arvaccio!”. Neanche finì questa frase, che scorse una strana luce viola fosforescente, poi ci fu del fumo ed un grosso tonfo di alberi.
“Oh! Che mi venga un colpo! Sogno o son desto! Vedo orribili corna affilate, artigli taglienti, occhi dalla strana luce viola fosforescente, la bocca che sputa fuoco, ali che volano come un razzo, la coda potente schiaccia alberi, ha denti come lame, ha aculei velenosi sulle zampe e due trecce che sembrano fruste! Povero me, sono spacciato! Com’è possibile è proprio Graccio Arvaccio!” Mise il sasso in tasca e si riprese.

Dritto davanti a lui maestoso e crudele stava Graccio Arvaccio che lo guardava con un ghigno. Graccio con voce tuonante mormorò “questo topino è perfetto per uno spuntino”
“Spuntino io! Ti sei bevuto il cervello!” disse spavaldo Gino.


“Tu mi devi rispettare perché questo è il mio territorio! Seguimi e vedrai che tutti mi rispettano qua!” “D’accordo” Graccio Arvaccio disse ridendo sotto i baffi “Vediamo che sai fare!”

Camminarono, camminarono finché non incontrarono il gatto, che dopo aver sgranato gli occhi alla vista di Graccio Arvaccio fuggì terrorizzato. “Gatto mi teme così tanto che non è capace di parlare in mia presenza ” disse il topino Gino. “Sarà una coincidenza!” disse il Graccio Arvaccio.
Camminarono, camminarono ancora un po’ finché non videro appollaiata su un ramo l’aquila: “Ciao aquila!” disse Gino sentendosi di cadere dalla padella alla brace. L’aquila “Scrich! Addio topino!” E guardando di sottecchi Graccio Arvaccio disse “Spiedino!” e con due colpi d’ala era già alta in cielo. “Vedi!” disse il topino “te l’avevo detto!”. “Forse è un’altra coincidenza!” disse Graccio Arvaccio un po’ seccato.

Camminarono ancora un po’ finché non videro il lupo. Il lupo stava parlando al telefonino, alzò lo sguardo su Graccio Arvaccio e si gelò, si mise a balbettare “pol-pet-ti-ne, pol-pet-ti-ne, pol-pe” e fuggì via.

Ora Gino si voltò verso Graccio Arvaccio. “Come vedi tutti mi temono!” E siccome ho una gran fame credo che…..poi si fermò un istante. Si levò dalla tasca il sasso blu e guardò Graccio Arvaccio. Con un sorriso furbetto gli puntò il sasso blu e disse “Bene Graccio Arvaccio ti ordino di mangiarmi come un gelato al cioccolato!” e in un istante si trovò fra le mani un gelato al Graccio Arvaccio.

Appena in tempo, il topino Gino aveva capito che aveva trovato il sasso dei pensieri al contrario. Ma dopo quello spavento lo gettò lontano cercando di non pensare a niente.


Loredana Bottaro
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